05 Ott Born to ride(sharing): un vuoto normativo ancora da colmare
“Born to ride(sharing)” è il titolo dell’appuntamento dedicato ai servizi di ridesharing all’interno della programmazione di #lessCARS, edizione digitale della 4° Conferenza Nazionale della Sharing Mobility organizzata dall’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility e promossa da Ministero dell’Ambiente, Ministero dei Trasporti e Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Nel calembour del titolo si nasconde in realtà uno dei temi più difficili e controversi del dibattito attuale sulla sharing mobility: se e come aprire il mercato all’utilizzo dei servizi di ridehailing, cioè quella branca di servizi di ridesharing in cui la condivisione del viaggio avviene attraverso l’utilizzo di una piattaforma digitale che connette la domanda e l’offerta di un’auto + guidatore (proprietario dell’auto stessa).
Se n’è parlato lo scorso 25 settembre con gli ospiti della puntata: Lorenzo Pireddu (Head of Italy – Uber Italia), Gabriele De Giorgi (Public Policy Manager Uber Italia), Gabriele Grea (Università Bocconi), Vincenza Bruno Bossio (Segretario IX Commissione Trasporti della Camera), Enrico Stefàno (Presidente III Commissione Permanente Mobilità Comune di Roma), Massimiliano Bastoni (Consigliere Regione Lombardia), Eugenio Patanè (Presidente VI Commissione Trasporti Regione Lazio).
“Non esiste probabilmente un servizio di sharing mobility più paradigmatico del ridehailing – osserva Massimo Ciuffini, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility – per cogliere come le nuove tecnologie digitali impattino sui modelli di business e sul quadro delle regole, delle norme e delle consuetudini esistenti nel mondo della mobilità”.
Nel ventaglio della mobilità condivisa, il ridehailing (come anche il carpooling di cui si è parlato nella puntata del 23 settembre) è infatti uno dei pochi servizi a non essere interessato né da una normativa dedicata, come nel caso del TPL e dei servizi di taxi/NCC, rispettivamente Decreto legislativo n° 422/97 e Legge n°21/92, né da una normativa di riferimento come quella che disciplina il noleggio senza conducente per i servizi di vehiclesharing.
Il vuoto regolatorio e la disomogeneità normativa determinano, secondo l’Osservatorio Nazionale della Sharing mobility, un impedimento alla creazione di un sistema organico di offerta di mobilità che possa essere effettivamente alternativo o almeno complementare all’utilizzo del veicolo privato. Non allargare il ventaglio di possibilità anche ai servizi del ridesharing, largamente diffusi e utilizzati in altri paesi, allontana le persone sempre di più dall’affermazione del proprio diritto alla mobilità, cioè il diritto di spostarsi avendo la libertà di scegliere come farlo, nelle condizioni economiche, sociali e ambientali più vantaggiose per la collettività.
“In 10 anni di attività abbiamo registrato 15 miliardi di viaggi tramite l’app Uber – afferma Lorenzo Pireddu, General Manager di Uber Italia – portando i benefici della nostra tecnologia ai cittadini di 10mila città e offrendo opportunità di lavoro a circa 5 milioni di autisti in tutto il mondo. In questi anni abbiamo contribuito a cambiare il modo in cui le persone si spostano nelle città e intendiamo farlo anche in Italia, offrendo la nostra collaborazione per risolvere il problema del trasporto urbano e generando valore per l’intero settore. In Italia, infatti, esiste una domanda che non è ancora soddisfatta e le oltre 3 milioni di sessioni registrate nella nostra applicazione nel 2020 per richiedere una corsa ne sono la prova. Il recente lancio di Uber Taxi a Napoli, che ci sta dando riscontri molto positivi, va proprio in questa direzione e conferma che una piattaforma tecnologica come Uber può aiutare il settore ad uscire dalla crisi”.
La puntata “Born to ride(sharing)” è come sempre ancora visibile on-demand sulla piattaforma lesscars.com
Presentazione Ridesharing_Osservatorio Sharing Mobility (OSM)